In base a recenti
studi è
emerso che la rete ha cancellato
la nostra capacità di pensiero profondo rendendoci frettolosi, distratti e schiavi
del clic.
La ragione scientifica è
che quando siamo in linea si rinforzano i circuiti neuronali che usiamo per
analizzare superficialmente e rapidamente grandi quantità di informazioni e si
indeboliscono quelli che ci permettono di capire a fondo ciò che stiamo
leggendo.
I più colpiti sono
coloro che fanno un uso intensivo di email, sms, siti web, social network perché
con il tempo il cervello si abitua ad un processo di attenzione “dal basso” dove ogni minimo stimolo diventa importante e
la scelta sulle cose da osservare o ignorare diventa sempre meno consapevole.
Ma i danni di internet non si fermano qui, quanto più l’ attenzione si
parcellizza tanto meno siamo capaci di pensare a fondo e trovare soluzioni ai
problemi.
In base all’esito di 50
studi effettuati sugli effetti dei media sul cervello risulta che Internet
stimola lo sviluppo di capacità visuali e spaziali ma a spese delle capacità di
acquisizione di conoscenza, pensiero critico, riflessione e immaginazione,
inoltre chi è abituato a leggere testi sul web la comprensione diminuisce
proporzionalmente alla quantità di link che sono presenti nella pagina perché aumentano
il tempo speso a decidere se seguirli o meno. Chi legge testi online ha una
notevole attivazione della corteccia
prefrontale area deputata a
decidere e risolvere problemi, maggiori sono gli stimoli di prender la
decisione di seguire link più minano la nostra concentrazione.
Navigare attraverso gli
ipertesti, di collegamento in collegamento, è più impegnativo che leggere un
libro o un giornale e ci lascia conoscenze meno approfondite. Con l’uso continuato
di internet stiamo disallenando i circuiti collegati alle forme di pensiero più
profonde per privilegiare quelli
che ci consentono di raccogliere informazioni
in modo superficiale. Ci concentriamo meno e ricordiamo meno.
E’ l’effetto del web
sulla memoria a breve termine, quella che accoglie le informazione prima che queste possano essere conservate nella memoria lungo termine. La memoria a breve termine ha
una capacità limitata contiene solo quello di cui siamo consci di momento in
momento, del resto non ha bisogno di avere molto spazio perché quando ospita
una informazione che riteniamo utile l’attenzione che prestiamo a quel dato fa
si che venga trascritto nella memoria a
lungo termine ed è solo a questo punto che si formano le ricche connessioni
neuronali che danno profondità e rigore concettuale alle nostre idee. Ma se
siamo continuamente interrotti, nulla rimane li abbastanza per completare la
transizione nella memoria a lungo termine. Ma è quando il web diventa sociale
che diventa irresistibile, gli esseri umani provano attrazione per ciò che segnala
un cambiamento, quando poi le nuove informazioni sono messaggi di amici o
colleghi il desiderio di sapere diventa compulsivo. Sia che si tratti di FB o
Twitter, la rete ci offre un flusso continuo di interruzioni la
loro assenza può farci sentire socialmente isolati e questo è vero soprattutto per
i più giovani.
La presente sintesi è un
estratto del saggio The shallow. What the Internet is doing to our brains del giornalista Nichola Carr del New York Time e di Wired.
Le fonti sono Clifford
Nass docente di comunicazione di
Standford – Jordan Grafman neuroscienziato cognitivo - Patricia Greenfield psicologa University of
California – Erpig Zhu ricercatrice di didattica informatica
Università del Michigan – Gary Small docente di psichiatria Università
of California - Jo-Anne LeFevre
direttore istituto scienze cognitive Università di Carleton – Michael Hausauer
psichiatra americano.
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